una piattaforma liquida su crisi
climatica, interazioni antropoceniche e transizione ecologicaun progetto di
MUSE Museo delle Scienze Trento ideato e curato da
Stefano Cagol
WE ARE THE FLOOD
| NOI SIAMO IL DILUVIO è il progetto di un museo scientifico
per affrontare la crisi ambientale attraverso l'arte
contemporanea.
Una piattaforma di ricerca creativa e interdisciplinare che
nasce dalle urgenze attuali e dall’esigenza irrinunciabile di
sondare e decodificare tematiche ecologiche, virali, climatiche
sempre più complesse attraverso l’arte contemporanea.
Il progetto MUSE, ideato e curato
da Stefano Cagol,
ambisce a radicare un noi condiviso per creare una nuova consapevolezza dell’oggi e immaginare modi di esistenza diversi per
i prossimi decenni, che presenteranno sfide epocali per
l’umanità tutta e il pianeta Terra!
Il linguaggio universale per
antonomasia dell’arte diviene un tramite ideale per affrontarle,
distillarle e renderle recepibili, e dare forma così a una
co-scienza, dove quel prefisso significa proprio con, insieme.
Siamo noi che interferiamo sulla natura, non qualcun’altro, non
politici, scienziati, industriali, e siamo noi a doverci
prendere cura.
Le attività di WE ARE THE FLOOD
sono molteplici e presentate al pubblico in più ondate.
Nasce un network di
cui fanno parte Istituzioni che hanno già intrecciato
interazioni con il museo e con l’artista, oltre a nuovi partner
interessati al dialogo fra arte e scienza sul tema Antropocene.
Il network
si avvale nel ruolo di consiglieri per la ricerca (board of research adivors)
di Giorgia Calò, Elisa Carollo,
Alessandro Castiglioni, Blanca de la Torre, Gianluca D'Incà Levis,
Mareike Dittmer, Khaled Ramadan, Julie Reiss, Rachel
Rits-Volloch, Nicola Trezzi , tra gli altri. A questo gruppo si affiancherà
il think tank MUSE "Antropocene" coordinato da Massimo Bernardi.
Un archivio delle persone e dei materiali
presentati, prodotti ma anche raccolti durante il progetto
costituirà uno strumento di riflessione, reso disponibile anche
online.
WE ARE THE FLOOD quindi è
ondata, network, piattaforma, archivio,
masterclass, residenza d’artista e mostra liquida.
Manifesto
priorità
Quale piattaforma museale di
ricerca “creativa e interdisciplinare” come “spazio d’incontro”
tra le espressioni artistiche e le competenze scientifiche,
questo strumento si connette indissolubilmente a temi urgenti
del nostro tempo e alle strategie del NextGenerationEU, con
l’invito di un nuovo Bauhaus, confermando MUSE come centro di
eccellenza e avamposto in Italia.
Gli obiettivi della piattaforma
“WE ARE THE FLOOD” sposano e sviluppano la mission del MUSE di ricerca e divulgazione nel
settore dell’ambiente.
accessibilità
In una situazione in cui
l’ecologia, quale indagine del nostro rapporto con l’ambiente,
include questioni climatiche, virali, economiche, sociali,
l’arte diviene decodificatore universale e privilegiato, tramite
fra noi, la scienza e il reale, capace di rendere accessibile a
tutti la comprensione di problemi complessi e la possibilità di
prendersene cura per “progettare futuri modi di vivere”.
pluralità
Per creare un “noi” plurale,
fondamentale è la condivisione attraverso il coinvolgimento,
anche partecipativo, del pubblico. Una chiave è poi la
collaborazione con interlocutori, provenienti anche da settori
diversi per innescare il confronto. Altra chiave è fare rete e
instaurare il dialogo con istituzioni prominenti a livello
europeo, e non solo, dell’ambito della cultura e della scienza
per condividere esperienze di conoscenza, di scoperta, di
produzione e di ricerca.
fluidità
Confrontandosi con le urgenze
dell’oggi, in continua evoluzione, multiformi, mutevoli e
diffuse così come le esigenze che ne scaturiscono, la
piattaforma risponde con una fluidità “ispirata alla creatività,
all’arte e alla cultura”, “che va al di là della dimensione
materiale”, e si sviluppa in molteplici modi e livelli,
includendo progetti in situ, online ed extra muros, che prendono
forma in mostre, performance, incontri, indagini sul campo, in
collegamento con le sedi del museo e il loro territorio, e
attraverso l’interazione con un ampio network di istituzioni.
titolo
Le caratteristiche della piattaforma, fluidità,
ispirazione e immedesimazione, si rispecchiano nel titolo,
aperto anche ad altre declinazioni a partire dal flood, il diluvio
inteso come summa di tutti gli sconvolgimenti.
Concept
Dalla
scienza alla coscienza attraverso l’arte. Il progetto
“WE ARE THE FLOOD” vuole stimolare un nuovo
atteggiamento nei confronti della natura che sia prima
di tutto condiviso. Punto di partenza fondamentale è
la costituzione di un soggetto che sia un “noi”: siamo
noi che interferiamo sulla natura, non qualcun altro,
non politici, scienziati, industriali, e siamo noi a
doverci prendere cura per essere capaci di
confrontarci con le sfide di domani. Il linguaggio
universale per antonomasia dell’arte diviene, quindi,
ideale tramite per dare forma a una co-scienza, dove
quel prefisso significa proprio con, insieme.NOI SIAMO IL
DILUVIO.
Il
coming-out
Nella
storia degli accordi internazionali, la Convenzione
quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici
del 1992 che cita le “interferenze
antropogeniche” [anthropogenic interferences]
sull’ambiente è a
monte del Protocollo di Kyoto fino al recente Patto di
Glasgow, e può essere visto come il momento del nostro
coming out, come il momento dell’ammissione del nostro
coinvolgimento in quanto sta avvenendo, dal quale non
possiamo chiamarci fuori e puntare il dito su un altro
colpevole.
Il
diluvio
Per
interferenze s’intendono azioni o
interessi influenti e in contrasto con qualcosa, e, se l’ecologia guarda alle
relazioni tra organismi e il loro ambiente naturale,
allora il rapporto dell’essere umano con l’ambiente fino
a oggi è stato prevalentemente di conflitto e di
antagonismo. Bruno Latour ricorda che l’ordine di valore
che applichiamo alla natura è visto in base a
sfruttamento e appropriazione, parla di “Natura a basso
costo”. Il sentore della
nostra responsabilità nella crisi di coppia tra noi e
“il mondo” non era comunque una novità neanche
trent’anni fa, basti pensare a film degli anni
Settanta che parlano di atomica o saggi della prima
metà del Novecento, ad esempio, nella collana di
divulgazione filosofica e scientifica “Avventure del
pensiero”con titoli come “Il pianeta
saccheggiato” e “L’uomo e il clima”.
Ma possiamo
andare ancora più indietro e riscontrare questa
ostilità nel DNA dell’essere umano. Nella Genesi il
diluvio universale viene scatenato per contrastare la
tracotante prepotenza dell’essere umano nella smania
di dominio su quanto lo circonda, ma questa è
un’immagine che ritroviamo in diverse culture e credi.
Iperoggetti
Forse
per la prima volta per la pandemia da Covid-19 ci siamo
resi conto che il destino dell’essere umano è uno solo,
non si tratta di incendi o inondazioni che avvengono
dall’altra parte del Pianeta, lontano da noi.
Fenomeni
come venti di una forza distruttiva inaspettata,
alluvioni di dimensioni mai viste, la scomparsa dei
ghiacciai, l’innalzamento del livello del mare, le
pandemie sono sconvolgimenti dello status quo che il
filosofo anglo-americano Timothy Morton ha definito
“iperoggetti”, perché diffusi, multiformi, incostanti e
fuggevoli. Sono “cose” che sono davanti ai nostri occhi,
agli occhi di tutti, ma non riusciamo ancora a
comprendere a fondo a causa della loro complessità. Con
Einstein
nel Ventesimo secolo si è definitivamente sgretolata
l’idea di semplicità e costanza della natura. L’arte
può riassumere, tradurre e smontare questa complessità,
renderla recepibile. In che modo? Usando un linguaggio
metaforico, che, ad esempio, prende il diluvio
come simbolo condiviso non solo di una massa d’acqua,
ma come summa di tutti gli sconvolgimenti provocati da
noi. Il
mito del diluvio, presente in racconti sulle origini
dell’umanità radicati fin nella notte dei tempi di quasi
tutte le culture del mondo, rappresenta in modo
privilegiato l’idea di un evento totale che va a
ribaltare la realtà così come la conosciamo. WE ARE
THE FLOOD.
Arte e scienza
L’arte
può essere un tramite tra noi, la scienza e il reale. La
sinergia tra arte e scienza è comunque innata, il
pensiero antico non riconosceva due tipi diversi di
conoscenza, scientifica e filosofica: nell’antica Grecia
si usava la parola techne per
indicare tanto l’arte quanto la tecnica. La loro
contrapposizione è il risultato di un’evoluzione
relativamente recente di questo rapporto: viene fatta
risalire alle dichiarazioni dell’inglese
Charles Percy Snow nel 1959 a
Cambridge la denuncia dell’avvenuta separazione tra “Le
due culture”, quella scientifica e quella umanistica.
E’, ancora una volta, proprio la radice del termine
scienza a ricordare la sovrapposizione tra le due
culture. Scienza deriva dal latino scire, sapere,
che prima di essere legato alle capacità mentali, era
connesso ai sensi di gusto e olfatto, come spiegano i
linguisti. L’intellettuale Giuseppe Manna diceva che il
sapere “Ha
cominciato dalla bocca… due dita di ascensione ed
eccolo giunto al naso… altra corta ascesa ed eccolo
alloggiato nella reggia del cervello a governare tutto
ciò che si apprende. Moralità della favola. Il sapere
essendo partito dalla lingua dee alla lingua tornare”.
In
fondo, scienza e arte sono entrambi approccicon cui l’uomo si
rapporta col mondo esterno attraverso idee,
rappresentazioni, teorie e ipotesi, con la differenza
che “Kunst gibt
nicht das Sichtbare wieder, sondern macht sichtbar”
[L'arte non
riproduceciò che èvisibile, ma rende
visibileciò che non sempre
lo è]. Lo scrisse Paul Klee nel 1920, anno in cui
venne chiamato a Weimar a contribuire con le sue
lezioni alla Bauhaus.
New Bauhaus
La
Bauhaus, la scuola di arte e design fondata a Weimar nel
1919, ha promosso il rapporto tra cultura e tecnologia
attraverso il contributo di fondamentali figure europee,
rappresentando un’esperienza del Novecento che ha
influenzato il nostro modo di pensare e che oggi viene
preso dall’Unione Europea come modello a cui ispirare
una rigenerazione della nostra società. Il progetto “WE ARE” risponde
a questa urgenza in maniera puntuale riprendendo le
parole e gli obiettivi di NextGenerationEU.“WE
ARE” si propone, infatti, come piattaforma
museale di ricerca “creativa e interdisciplinare”, come
“spazio d’incontro” tra le espressioni artistiche e le
competenze scientifiche per “progettare futuri modi di
vivere”, “ispirati alla creatività, all’arte e alla
cultura”, “che vanno al di là della dimensione
materiale”, dove i virgolettati vengono proprio dal
testo di presentazione di NextGenerationEU,
inteso da Ursula von der
Leyencome Nuovo Bauhaus
Europeo. Il discorso della presidente della
Commissione europea ribadisce la necessità di
interpellare l’arte nella società. Non è un
caso che il partito dei Verdi sia stato fondato in
Germania grazie a un contributo fondamentale
dell’artista Joseph Beuys, che nel 1978 emise il suo “Aufruf zur Alternative” [Appello per
un’alternativa] e già nel 1973 aveva creato il progetto
di una Free International University for Creativity and
Interdisciplinary Research (FIU), poi portata anche a
documenta 6 a Kassel.
Co-scienza
In
un’epoca in cui i dati scientifici sono resi
maggiormente disponibili dalla Rete, “la
comunicazione intorno a questi argomenti è diventata
un problema rilevante non solo per gli scienziati, ma
per l’intera società,
scrive il giornalista scientifico Pietro Greco. In sintesi, una
società pienamente democratica oggi è una società che
ha grande consapevolezza delle questioni scientifiche
in campo e dei processi di comunicazione che le
riguardano”.
Spesso
l’arte aderisce al linguaggio scientifico facendo propri
dati e diagrammi, altre volte la scienza adotta il
linguaggio artistico per dare forma a exhibit
scientifici, ma l’arte che stimola co-scienza in dialogo
con la scienza è altra cosa. Lunga
è, così, la tradizione di programmi di artisti in
residenza presso importanti istituzioni di ricerca
scientifica, tra cui l'Organizzazione Europea per la
Ricerca Nucleare (CERN), la National Aeronautics and
Space Administration (NASA), il Massachusetts
Institute of Technology (MIT) e il Max
Planck Institute for the History of Science di Berlin, e a questa
lista si aggiungono le esperienze di istituzione
artistiche come l’Haus der Kulturen der Welt con il
progetto di ricerca “Anthropecene curriculum” o la Thyssen-Bornemisza Art
ContemporaryFoundation con la TBA21-Academy e l’Ocean
Space.
Se torniamo
all’origine del termine scienza, il termine co-scienza
può essere letto come un sentire insieme, tastare
insieme, assaporare insieme. Al di là dei linguaggi
formalizzati. La critica Jeni Fulton parla di “activist
aesthetics” [estetica attivista], mentre Mareike Dittmer
di TBA21-Academy parla di “radicale tenerezza”, usa una
definizione ossimorica
per parlare di un'arte che impiega sia il pensiero
astratto che quello concreto, sia il rigore che un
atteggiamento simpatetico incarnando relazioni
intangibili e sintetizzando i processi in atto e di
là da venire.
In
WE ARE THE FLOOD 2022 hanno preso parte:
Mary Mattingly, Julie Reiss, Nezaket Ekici, Eleonora
Ambrosini, Eduardo De Maio, Francesca Fattinger, Pamela
Frasson, Angela Fusillo, Marco Gentilini, Nicoletta
Grillo, Lisa Guerra, Angela Miceli, Paola Monardo,
Isabella Nardon, Jacopo Noera, Leonardo Panizza, Edoardo
Spata, Maria Chiara Wang, Hans Op de Beeck, Janet
Laurence, g. olmo stuppia, Giacomo Segantin, Silvia
Listorti, Giulia Nelli, Micol Grazioli, PSJM, Sacha
Kanah, Shaarbek Amankul, Fabio Marullo, Barbara De
Ponti, Eugenio Ampudia, Elena Lavellés, Shahar Marcus,
Philip Samartzis, Giorgia Calò, Elisa Carollo,
Alessandro Castiglioni, Blanca de la Torre, Gianluca
D'Incà Levis, Mareike Dittmer, Gregor Jansen, Khaled
Ramadan, Rachel Rits-Volloch, Nicola Trezzi, Massimo
Bernardi.
Stefano Cagol è
un artista contemporaneo italiano. Ha partecipato
alla 55° Biennale di Venezia, Manifesta 11, 14°
Biennale di Curitiba, 2° OFF Biennale Cairo e 2° Xinjiang Biennale. Ha
tenuto personali CCA Center for Contemporary Art Tel
Aviv, MA*GA, Mart, CLB Berlin e ZKM Karlsruhe. Ha
tenuto letture e conferenze, tra cui alla Bauhaus
University di Weimar. Ha studiato all'Accademia di
Brera e alla Ryerson University di Toronto con una
borsa di studio post-dottorato del Governo del
Canada .
Le
sue opere, prevalentemente multi-formi e multi-sito,
riflettono già da anni, in maniera spesso
anticipatrice, su temi dell’oggi, dai confini ai
virus, alle questioni ecologiche e dell’interferenza
dell’uomo sulla natura. Dei temi dell’Antropocene
hanno parlato sue opere come ”The Ice Monolith”, il
monolite di ghiaccio lasciato fondere alla Biennale
di Venezia nel 2013, andando indietro fino ad
“Atomica” degli anni Novanta, sue mostre personali
come “La Forma del Vento. Percezioni sul cambio
climatico” (2019) e “Iperoggetto. Visioni tra
confini, energia ed ecologia” (2019), e, ancora,
interventi come l’installazione video in occasione
del COP23 al Ministero tedesco dell’ambiente, che ha
in collezione una sua opera
. Per MUSE nel 2015 ha ideato e curato il
progetto "BE-DIVERSITY".
Nel 2022, Cagol
partecipa alla mostra “Macht! Licht!” al
Wolfsburg Museum (Germania) con una performance,
alla Biennale di Venezia nel padiglione dello
stato di Perak-Malesia intitolato
“Pera+Flora+Fauna. The story of indigenousness
and the ownership of history” presso gli Archivi
della Misericordia e alla serie di conferenze
“La Scienza a regola d’Arte” di IBSA Foundation
in collaborazione con il MASI Museo d’Arte della
Svizzera italiana a Lugano, inoltre tiene la
presentazione video personale alla Kunsthall
3,14 di Bergen (Norvegia) e la Galleria d’Arte
Moderna di Verona gli dedica fino al 30
settembre la Primaparete.
Colophon
Supervisor
Michele Lanzinger
Ideato e
curato da Stefano
Cagol
Comitato di consiglieri per la ricerca
Massimo Bernardi, Giorgia Calò, Elisa Carollo, Alessandro
Castiglioni, Gianluca
D'Incà Levis,
Mareike Dittmer, Khaled Ramadan, Julie Reiss, Rachel
Rits-Volloch, Blanca de la Torre, Nicola Trezzi et al.