una piattaforma liquida su crisi climatica, interazioni antropoceniche e
transizione ecologica un
progetto di MUSE Museo delle Scienze Trento ideato e
curato da Stefano Cagol
●Shaarbek
Amankul (Kirghizistan), ●Sacha
Kanah (Italia), ●Fabio
Marullo e Barbara De Ponti (Italia),
●
Janet Laurence (Australia), ●Hans
Op de Beeck (Belgio), ●PSJM
(Isole Canarie)
artisti under 35 selezionati da open call: ●Micol
Grazioli, ●Silvia Listorti, ●Giulia
Nelli, ●Giacomo
Segantin, ●g. olmo stuppia
a cura di Stefano Cagol
Firenze, 6 settembre 2002S.A.S.SSpazio
Archeologico Sotterraneo del Sas Piazza
Battisti, Trento
10 giugno – 28 agosto, 2022
mar-dom 9:30-13 / 14-18
#wearetheflood
#noisiamoildiluvio #MUSEtrento
Firenze, 6 settembre 2002
Il
secondo appuntamento di “WE ARE THE FLOOD | Noi siamo il
diluvio, piattaforma liquida su crisi climatica, interazioni
antropoceniche e transizione ecologica” di MUSE Museo delle
Scienze di Trento,
ideata e curata da Stefano Cagol, si presenta come
una mostra nel contesto d’eccezione del S.A.S.SSpazio
Archeologico Sotterraneo del Sas.
Firenze, 6 settembre 2002La
riflessione su futuri desiderabili proposta da MUSE
s’intensifica così nel confronto con quanto era e quanto
potrà essere. Leopere
esposte lungo l’intero percorso di visita del sito
instaurano un dialogo privilegiato con i resti
architettonici antichi. Sono una dozzina, tra video
e fotografiche, ma, questa volta, anche scultoree,
installative e partecipative, realizzate negli ultimi 3 anni
o appositamente. Evocano le idee di precarietà e
prevaricazione, l’interdipendenza delle nostre scelte,
incendi distruttivi come diluvi, le dense nubi della
spettacolarizzazione degli eventi climatici estremi e della
percezione annebbiata che ne abbiamo, fino ad arrivare a un
mondo ribaltato in cui siamo noi ad essere messi in gabbia.
Queste chiavi di lettura e spunti di riflessione sono
proposti al pubblico da riconosciuti artisti contemporanei
internazionali come il belga Hans Op de Beeck, il collettivo
spagnolo PSJM, l’australiana Janet Laurence, l’artista del
Kirghizistan Shaarbek Amankul e gli italiani Sacha Kanah,
Fabio Marullo e Barbara De Ponti.
L’altra grande novità di questo secondo capitolo di WE ARE THE
FLOOD è la presenza di 5 artisti under 35 selezionati tramite
open call: Micol Grazioli, Silvia Listorti, Giulia Nelli,
Giacomo Segantin, g. olmo stuppia.
Le opere sono state scelte dall’ideatore e
curatore di WE ARE THE FLOOD Stefano Cagol insieme al gruppo di
lavoro composto da Carlo Maiolini del programma MUSE ‘Science &
Humanism’, Massimo Bernardi del think tank MUSE ‘Antropocene’,
e un board of research
advisors che include curatori come Blanca de la Torre,
Alessandro Castiglioni, Elisa Carollo, Rachel Rits-Volloch e
Khaled Ramadan. «Le nuove sfide
dell’Antropocene sono
talmente prevaricanti, afferma Carlo Maiolini, che ormai è chiaro che il
discorso debba allargarsi a un senso del ‘noi’ al livello di
specie. E questo sembra possibile solo appellandosi a ciò che
più genuinamente – ed
evolutivamente - ci rende umani: la filosofia, il
teatro, la musica, la letteratura, le arti. Per attivare un
cambiamento, un Antropocene in cui finalmente l’uomo sia forza
generativa, non distruttiva» «In questo
secondo appuntamento, sottolinea Stefano Cagol, è fondamentale l’apertura agli artisti under 35 che
sono stati invitati tramite una open call. Confrontarsi con le
loro posizioni e vedere la determinazione dei loro punti di
vista offre un ulteriore spunto di riflessione e questa mostra
vuole essere principalmente proprio questo: un’occasione per
pensare». WE ARE THE FLOOD,
piattaforma liquida su crisi climatica, interazioni
antropoceniche e transizione ecologica, è un progetto del MUSE
ideato e curato da Stefano Cagol che coinvolge il pubblico sui
temi dell'Antropocene, grazie al linguaggio e
all'interpretazione offerte dall'arte contemporanea. La mostra,
realizzata in collaborazione con la Soprintendenza per i beni
culturali della Provincia Autonoma di Trento e il Centro
Servizi Culturali Santa Chiara,si aprirà il 10 giugno con
una masterclass rivolta agli artisti under 35 selezionati e
aperta al pubblico, tenuta da Stefano Cagol e da Massimo
Bernardi.
Il percorso
espositivo è un display di pensieri, pianificato a basso costo e
basso impatto. Progetto
con il supporto di IBSA Foundation per la ricerca scientifica. Si
ringraziano DAO e Conad.
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Shaarbek Amankul
(Kirghizistan)
The Flight of the Blind Eagle
(Il volo dell’aquila cieca), 2019, Opera video, 5 min.
Firenze, 6 settembre 2002
Esseri umani appaiono bloccati
dentro gabbie, mentre un volatile li sovrasta, a sua volta
incapace di volare da solo, legato e bendato, in un circolo
vizioso dal quale sembra non esserci via d’uscita, che noi
stessi abbiamo innescato. Shaarbek Amankul mette in scena un
mondo ribaltato, nel quale il nostro desiderio di sopravvento
sul mondo naturale ci si rivolta contro. L’artista ci mostra
immobili e inermi di fronte a uno sconfinato lago Issyk-Kul e
con lo sfondo del paesaggio interminabile della catena montuosa
del Tian Shan. Spesso nelle sue opere usa riferimenti alla
tradizione nomade delle popolazioni centrasiatiche e al loro
antico rapporto simbiotico con gli elementi della natura, a
partire dalla relazione stretta con gli animali. Quest’opera è presentata in Italia
per la prima volta.
Shaarbek Amankul
(Kirghizistan, 1959) è curatore e artista. Diventato maggiorenne
in epoca sovietica, fu arruolato per partecipare alla guerra in
Afghanistan, assegnato fortuitamente a un’unità di propaganda
per le sue abilità artistiche. Amankul si è laureato in arte e
storia rispettivamente al Frunze Art College di Bishkek (1980) e
alla Kyrgyz National University (1989). Ha fondato il gruppo
internazionale di artisti Art Connection (2001-2006), la prima
iniziativa artistica in Kirghizistan incentrata su questioni
ambientali, e nel 2007 la piattaforma B’Art Contemporary per
stimolare un dialogo artistico critico tra l’Asia centrale e il
mondo dell’arte globale.
Firenze, 6 settembre 2002
Firenze, 6 settembre 2002
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Firenze, 6 settembre 2002
Sacha
Kanah (Italia)
Buchi nell’acqua
(Holes in the water), 2022,
Scultura, alga Kelp, acqua, 90 x 60 cm
L’opera è una scultura liquida, una soluzione
di acqua e alghe, una riflessione sui “processi naturali
condotti con obiettivi innaturali”. L’artista ha usato il Kelp,
un particolare tipo di alga bruna ritenuto tra gli organismi a
crescita più veloce dell’intero pianeta. La struttura
serpentiforme e la sua densità sono determinate dalle condizione
fisiche e chimiche dell’ambiente in cui l’opera è stata creata,
mentre l’acqua viene usata al tempo stresso come contenitore e
come principio di forma. Quando estratta dal suo involucro, la
scultura diventa una crisalide, venendo sottoposta a un processo
di mummificazione quando ancora in vita, in un rimando al
sokushinbutsu, un particolare rituale religioso di
auto-mummificazione volontaria praticato un tempo dai monaci
buddisti attraverso un processo estremo, sia fisico che mentale.
Artista segnalato da Denis Isaia (Mart).
Sacha Kanah (Milano, 1981) ha esposto in
mostre collettive alla GAMeC, Bergamo, Pinacoteca Nazionale di
Bologna, La Fondazione a Roma e Castello di Rivoli. Ha
realizzato personali a Clima, Milano (2020) e Gelateria Sogni di
Ghiaccio, Bologna (2018). Affrontando il concetto di biomimesi e
l’idea di trasformazione, la sua ricerca riflette su interazioni
e co-evoluzioni, legate alla vita corporea e fenomeni materiali,
compreso il mondo inorganico, le tecnologie, gli organismi e
processi non-umani.
Firenze, 6 settembre 2002_____
Firenze, 6 settembre 2002
Janet Laurence
(Australia)
Requiem, 2021, Opera video, 16 min.
Firenze, 6 settembre 2002
Dell’artista Janet Laurence viene
presentata l’opera video realizzata in risposta ai terribili
incendi che tra dicembre 2019 e gennaio 2020, in un’estate
australe estremamente secca e torrida, hanno incenerito milioni
di animali autoctoni nella parte sud e sudest dell’Australia. Il
fuoco ha colpito le aree che vengono chiamate bush,
ossia naturali e selvagge. L’evento ha spinto ancora più verso
il baratro dell’estinzione mammiferi, volatili e marsupiali, già
minacciati dal nostro agire. Questi incendi vengono così presi
come simbolo del processo di devastazione a cui sottoponiamo il
nostro stesso habitat. Le opere di Laurence occupano spesso una
posizione liminale tra arte e scienza confrontandosi con il
mondo animale e vegetale, e affrontano le idee di reciprocità,
instabilità, transitorietà. Quest’opera è presentata in Italia
per la prima volta.
Artista segnalata da Rachel Rits-Volloch .
Janet
Laurence (1947, Sydney) ha studiato a Perugia entrando
in contatto con il lavoro degli artisti dell’Arte Povera ed è
tornata a Sydney nel 1982 per iniziare un master presso il
College of Fine Arts, appena istituito. Laurence è stata la
rappresentante australiana nel progetto Artists 4 Paris
Climate 2015 durante la Conferenza per il Clima di Parigi, il
COP 21 delle Nazioni Unite, esponendo al Muséum National
D’Historie Naturelle di Parigi. Nel 2019 ha tenuto una grande
mostra personale al MCA Museum of Contemporary Art Australia.
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Firenze, 6 settembre 2002
Fabio Marullo
& Barbara De Ponti (Italia)
Alpina
(Alpine), 2021, Opera sonora, 2 canali, 7:12 min
e 10 min
Firenze, 6 settembre 2002
Gli artisti hanno partecipato a una
spedizione scientifica su un ghiacciaio alpino, il Ghiacciaio
dei Forni situato a 2500 m s.l.m. in Valfurva (So), per proporre
una rilettura delle visioni antropocentriche che hanno, da
sempre, dominato la cultura, anche quella scientifica. Gli
scienziati compivano rilievi e prelievi di specie microscopiche
coinvolte nelle trasformazioni metaboliche alla base della
catena alimentare che il ghiacciaio ospita nella fase di
mutazione e gli artisti hanno voluto riflettere sull’impatto
umano sulle strategie di adattamento dei viventi. Nell’opera
sentiamo registrazioni di quel momento insieme a testimonianze
che Ardito Desio scrisse nel 1926 dopo il suo primo sopralluogo
al medesimo ghiacciaio.
Opera segnalata da Alessandro Castiglioni.
Barbara De Ponti (Milano,
1975) vive e lavora a Milano. Si interessa alle relazioni
che esistono tra pratica artistica e pensieri geografici e
per la realizzazione dei suoi progetti di carattere
relazionale si avvale di fondi archivistici storici e
scientifici e di collaborazioni multidisciplinari. Ne sono
un esempio il progetto con gli astrofisici del Planetario
Ulrico Hoepli di Milano, lo studio presso l’archivio
Capitolino concluso con l’esposizione site specific alla
Casa dell’Architettura di Roma ex Acquario Romano, la
ricerca eseguita con paleontologi e geologi esposta al
Museo Internazionale della Ceramica MIC, Museo Carlo Zauli
e di Scienze Naturali di Faenza e il lavoro iniziato con
il direttore dell’erbario dell’Orto Botanico di Palermo.La
modalità è replicata anche per la pubblicazione Isolario,
edita Postmedia books, realizzata con filosofi, critici
d’arte e presentata alla Triennale di Milano durante la
giornata di studi “Are There Geographies?”.. Fabio Marullo (Catania, 1973) ha esposto in
numerose istituzioni pubbliche e private, tra le quali XV
Mostra Internazionale di Architettura di Venezia; MAC,
Museo d’arte Contemporanea, Lissone; EFFEARTE, Milano;
viafarini e Fabbrica del Vapore, Milano; Galleria Civica
Contemporanea Montevergini, Siracusa; Gemist parco
Valkenberg, Breda; Fondazione Bevilacqua La Masa, Venezia.
È stato ideatore e curatore della mostra itinerante “Ein
Ausflug in Den Wald” al MAC di Lissone e alla Haarmann
Bloedow Haus di Berlino.
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Firenze, 6 settembre 2002
Hans Op de
Beeck (Belgio)
Staging Silence (3)
(Mettere in scena il silenzio), 2019, Opera
filmica, 44 min.
Firenze, 6 settembre 2002
Dopo aver presentato un fermo immagine tratto
da “Staging Silence (3)” nella mostra liquida #1 di WE ARE THE
FLOOD, ora c’è l’occasione di vedere nella sua interezza l’opera
filmica del riconosciuto artista belga. Vengono messi in scena
diversi paesaggi, naturali e antropizzati, che risultano
indifferentemente “costruiti” da noi. Le figure umane sono fuori
campo, vediamo solo le mani intente a posizionare, spostare e
rimuovere gli elementi per formare scenografie sempre vuote e
mute, in un bianco e nero che rende tutto uniforme. Il
riferimento va alla nostra illusione di poter piegare tutto
quanto ci circonda alle nostre esigenze, sentendoci divinità
superiori che tutto possono.
Hans Op de Beeck (Turnhout, 1969) è uno
degli artisti del Belgio più acclamati a livello internazionale.
La sua pratica multidisciplinare include installazioni di grande
formato e sculture, ma anche opere video, dipinti e disegni, che
sviluppano riflessioni sulla nostra società e i suoi dilemmi,
dal rapporto con spazio e tempo all’idea di eternità. Ha
partecipato alle biennali di Venezia, Shanghai, Singapore,
Kochi-Muziris e Aichi Triennale, ed esposto al MoMA PS1 a New
York, alla TATE Gallery di Londra, allo ZKM di Karlsruhe e al
Reina Sofia a Madrid.
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Firenze, 6 settembre 2002
PSJM(Isole Canarie) La Isla de Hidrógeno
(L’isola d’idrogeno), 2011, Progetto, 90 x 440 cm, 90 x 110
cm
Firenze, 6 settembre 2002
Nell’immaginare futuri possibili, il
collettivo di artisti e attivisti spagnoli ha dato avvio a un
work in progress, un progetto multiforme sviluppato attorno
all’idea di un monumento immaginario per una società utopica.
Composto da un mini impianto energetico, giardino di canarini,
laghetto e area di sosta, prevede anche 3 “cabine di consumo”,
nelle quali ascoltare musica, assorbire informazioni e
abbronzandosi con i raggi UVA. In mostra vediamo alcune immagini
del progetto, di cui fa parte anche un romanzo, sempre a firma
degli stessi artisti, che si confrontano attraverso la
narrazione con una visione ideale della società, nella scia
delle “Notizie da nessun luogo” di William Morris.
PSJM è un collettivo di creazione,
teoria e curatela formato da Cynthia Viera (Las Palmas, Isole
Canarie, 1973) e Pablo San José (Mieres, 1969). PSJM si presenta
come un “marchio artistico”, appropriandosi così delle strategie
del capitalismo avanzato per sovvertirne le strutture. Hanno
esposto all’Artium, Vitoria (2016), Fundación Miró, Barcellona
(2015), Museu Brasileiro da Escultura, São Paulo (2014), A
Foundation, Londra (2009), PS1-MoMA, New York (2003). Dal 2018
hanno fondato la Sala de Arte Social presso il Gabinete
Literario de Las Palmas. Sono stati inseriti tra i 100 artisti
più rappresentativi dell’arte politica internazionale in Art
& Agenda.
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Firenze, 6 settembre 2002
ARTISTI UNDER 35 SELEZIONATI
TRAMITE OPEN CALL
Firenze, 6 settembre 2002
Micol Grazioli (Italia)
Topografie immaginarie
(Imaginary topographies), 2022, Disegno partecipativo, 130 x 550
cm, foto, 90 x 110 cm Ph: Giulio Boccardi
Firenze, 6 settembre 2002
Attraverso la realizzazione
collettiva di un disegno che risponde a un apposito protocollo
di creazione, l’artista invita a soffermarsi sull’idea
d’interdipendenza, su come le nostre scelte influiscono su
quanto ci circonda. I partecipanti iniziano a disegnare tutti
contemporaneamente sullo stesso supporto, partendo da una forma
minuscola chiusa, via via ampliandola concentricamente come gli
anelli di un albero. Le forme di ciascun partecipante sono
diverse e iniziano ad avvicinarsi a quelle degli altri. Ne nasce
una sorta di topografia che richiama rilievi e movimenti
geologici e raccoglie le tracce delle relazioni e degli incontri
fra i disegnatori. L’opera esposta è stata realizzata
con la partecipazione del pubblico di MUSE nei giorni precedenti
la mostra.
Micol Grazioli (Trento,
1989) si è diplomata all’Accademia di Belle Arti di Bologna e
all’Ecole Supérieure d’Art et de Design di Marsiglia, dove vive
tuttora. Ha esposto presso istituzioni principalmente in Italia
e Francia, come Artmedia a Marsiglia e la Galleria Civica di
Trento, ed ha realizzato interventi site specific, come al
Festival Nuits des Forêts promosso da COAL. Negli ultimi anni ha
sviluppato progetti di arte partecipativa rivolti a diversi
pubblici.
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Firenze, 6 settembre 2002
Silvia Listorti
(Italia)
Ora
(Now), 2019, Scultura, vetro fuso a cera
persa inciso e molato, 31 x 25 x 14 cm
Firenze, 6 settembre 2002
Con il vetro, l’artista rappresenta
l’acqua. Rimanda all’idea di fluidità, d’incontrollabilità in
contrasto con l’illusione, che ci pervade, di avere il controllo
su tutto, di potere piegare e plasmare tutto a nostro uso, nella
nostra cieca visione antropocentrica. L’artista parte dalla
vicinanza in francese delle parole il mare è “mer” e la madre “mère” e si pone la domanda “Come
possiamo immergerci in qualcosa che in realtà è essenzialmente
nostro?”. Innesca così una riflessione sulla nostra posizione
nell’ambiente di cui siamo parte e usa la materia vetrosa come
una pelle, una membrana, una soglia tra interno ed esterno.
Silvia Listorti (Milano, 1987), diplomatasi
nel 2009 in Arti Visive presso NABA a Milano, dal 2010 lavora
con teatri italiani ed europei, frequentando seminari di Danza
Butoh e seminari calligrafici sul senso dello Shodo. Nel 2019
si è iscritta all’Accademia di Brera, presso il dipartimento
di Pittura, laureandosi cum laude. Il suo lavoro si avvale di
diversi linguaggi, che includono scrittura, disegno,
fotografia e scultura.
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Firenze, 6 settembre 2002
Giulia Nelli (Italia)
La vita sotto
(Life below), 2022, Installazione site specific,
collant, stoffa, dimensioni ambientali
Firenze, 6 settembre 2002
L’opera si rifà alla metafora del
viaggio nel sottosuolo, già propria del romanzo utopico
ottocentesco e allora utilizzata per denunciare il degrado della
civiltà al momento del compimento della prima rivoluzione
industriale. Il suolo nella sua inaspettata complessità e
coesistenza di elementi diversi diviene per l’artista emblema
dell’interazione e integrazione come prospettiva per il futuro.
Un’unione necessaria – sottolinea l’artista – anche tra gli
ambiti del pensiero, della cultura, dell’economia,
dell’urbanistica, della tecnologia e della scienza. Allo stesso
tempo il progetto è anche un viaggio interiore, che indaga sul
senso della vita e su una pressante percezione di vuoto.
Giulia Nelli (Legnano, 1992)
si è laureata a Milano all’Accademia di Brera e ha conseguito il
Master in Exhibition Design al Politecnico. La sua poetica è
improntata sul complesso intreccio di legami che caratterizzano
il nostro stare al mondo. Ha esposto alla Fondazione l’Arsenale
di Iseo, nel giardino della Basilica di San Celso a Milano e al
Museo della Permanente di Milano nell’ambito del Premio
Morlotti-Imbersago.
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Firenze, 6 settembre 2002
Giacomo Segantin(Italia) Looking through the clouds
(Guardare attraverso le nuvole), 2021, Opera video, 8:41 min.
Firenze, 6 settembre 2002
L’opera si sviluppa in un ritmo
scandito da frammenti di video recuperati dal web in cui
protagonista è un flusso fumogeno che scorre e si espande. Il
collage include catastrofi ambientali, esibizioni di YouTuber,
manifestazioni sociali e ricalca la tendenza dei media a
rincorrere la notizia più sconvolgente e l’evento drammatico più
spettacolare. Ne riprende la velocità nel susseguissi delle
immagini, che non permette di cogliere il rapporto fra dato
visivo e informazione, di discernere la provenienza di quanto
vediamo, la messa in scena o meno. L’offuscamento della
visibilità dovuta al fumo diviene così metafora della difficoltà
di comprendere la complessità degli eventi in cui siamo immersi.
Giacomo Segantin (Abano
Terme, 1995) è tra i vincitori di Cantica21. Italian
Contemporary Art Everywhere, promosso dal MIC Ministero italiano
della cultura e, nell’ambito del premio, ha appena realizzato
una mostra personale all’Istituto Italiano di Cultura a Toronto.
Ha inoltre esposto presso istituzioni come Dolomiti
Contemporanee a Borca di Cadore e alla Fabbrica del Vapore a
Milano.
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Firenze, 6 settembre 2002
g. olmo stuppia (Italia)
Siamo lucciole
(We are fireflies), 2022, Serie di opere fotografiche, 90
x 330 cm, manifesto Ph: g. olmo stuppia, Elena Andreato
Firenze, 6 settembre 2002
La serie fotografica è tratta dalla dérive realizzata per il Public Program del
Padiglione Italia della 59. Biennale di Venezia. L’artista ha pensato degli
ecowalks in ambiente aperto in diversi luoghi della provincia
italiana, come capitoli in cui si fondono in una sintesi
visionaria vissuto autobiografico e ricerca artistica. Nella
tappa documentata in mostra, vediamo il cammino alla Sacca San
Mattia nella laguna veneziana, isola artificiale oggi colma di
veleni e vetro di scarto. L’obiettivo è sondare l’abuso di
potere della cultura industriale verso lo spazio e, infine, la
rivincita di quest’ultimo.
g. olmo stuppia (Milano,
1991) è un artista, curatore e autore contemporaneo. Basato
nella laguna veneziana, si muove tra Venezia, Milano, Palermo e
Parigi. Collabora con Mousse Magazine, Artribune, Engramma. Tra
i progetti a lungo termine e ancora in corso che ha ideato,
troviamo Cassata Drone, nato a Palermo in occasione di Manifesta
12, e Radioborcia, nato a Borca di Cadore da Dolomiti
Contemporanee. Parte del Public Program del Padiglione italiano
alla 59. Biennale di Venezia, quest’anno sta realizzando in
diversi luoghi d’Italia la serie di interventi “Sposare la
notte”.